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Gli insegnamenti accademici sul Vicino Oriente antico

A partire dal 1924 l’Istituto di Studi Superiori di Firenze si trasformò in Università degli Studi e il dipartimento di Filosofia e Filologia divenne la nuova Facoltà di Lettere e Filosofia.

 

La tradizione ottocentesca di studi orientalistici, sia pur molto ridimensionata, proseguì con l’insegnamento del Sanscrito ad opera di Paolo Emilio Pavolini (1864-1942), mentre la cattedra di Lingua e Letteratura Ebraica fu assegnata a Umberto Cassuto (1883-1951). Particolarmente rilevante in quegli anni per la ripresa degli studi sul Vicino Oriente Antico a Firenze fu la figura di Giuseppe Furlani (1885-1962), prima docente incaricato di Arabo e successivamente di Assiro Babilonese, insegnamento che divenne, dal 1925, quello di Filologia Semitica e Civiltà dell’Oriente Classico, di cui Furlani fu ordinario dal 1931. Già orientalista di chiara fama, questi seppe unire alla vocazione semitistica, e all’interesse per la cultura araba e siriaca in particolare, che ne segna la prima fase di attività scientifica, lo studio delle scritture cuneiformi, che lo portò a divenire, già a partire dagli anni venti, uno dei maggiori assiriologi del suo tempo.

 

Al 1923 si data il suo saggio Scongiuri e Inni babilonesi, a cui fa seguito una vasta produzione scientifica relativa soprattutto al diritto vicino orientale (si veda ad esempio Le Leggi dell’Asia Anteriore Antica del 1929) e alla tematica religiosa, con particolare interesse per la produzione di carattere mitologico (I miti babilonesi e assiri, 1958). I suoi studi di carattere ittitologico si limitano ad alcuni saggi su vari aspetti della storia e della religione ittita  (molti dei quali raccolti nel 1939 nell’opera Saggi sulla cultura degli Hittiti), mentre è di particolare rilevanza il lavoro di sintesi La Religione degli Hittiti (1939), il quale, sia pur datato, mantiene una sua validità ancora oggi, cogliendo, con grande acume interpretativo, alcuni nuclei concettuali fondamentali della religiosità anatolica, come il rapporto padrone-servo che lega l’uomo alla divinità.

 

Nel 1933 Giuseppe Furlani, con il suo collaboratore Doro Levi (1898-1991),  guidò la prima spedizione archeologica italiana nel Vicino Oriente, conducendo scavi nel sito di Qasr Shamamuk, l’antica Kilizu, nell’odierno Iraq. La spedizione portò alla luce interessanti reperti, prevalentemente di epoca assira e partica, i quali costituiscono attualmente il nucleo centrale della collezione vicino orientale del Museo archeologico Nazionale di Firenze, insieme a un buon numero di materiali mesopotamici e anatolici frutto di acquisti effettuati durante un precedente viaggio da parte dello stesso Furlani e di Doro Levi. La spedizione non ebbe però un seguito e si chiuse dopo la prima campagna.

 

La partenza di Furlani per Roma nel 1940 si colloca in un quadro di crisi e ridimensionamento degli studi di orientalistica a Firenze, che vedono progressivamente sparire insegnamenti, come quelli di Egittologia e di  Sanscrito, che avevano rivestito grande importanza nel vecchio Istituto di Studi Superiori. L’affidamento dell’incarico di Ebraico e Lingue Semitiche comparate a Sabatino Moscati per l’anno accademico 1951 non fu che un temporaneo rimedio.

 

Una parziale inversione di tendenza si ebbe solo a partire dal 1954-55, quando, con il Consiglio di Facoltà del 6 ottobre 1954, si decise di chiamare da Pisa, dove insegnava storia greca e romana, Giovanni Pugliese Carratelli (1911-2010) per inaugurare l’insegnamento di Storia dell’Asia Anteriore Antica, corrispondente alla storia del Vicino Oriente Antico di altre sedi universitarie.

 
ultimo aggiornamento: 07-Dic-2015
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